Aveva solo vent’anni quando, il 2 agosto 1980, la sua vita cambiò per sempre a causa della bomba esplosa nella stazione di Bologna: la storia di Marina Gamberini.
Una fotografia scattata poco dopo lo scoppio, che la ritrae mentre urla di dolore mentre viene trasportata in barella tra le macerie, è diventata un’immagine simbolo della Strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980: quel giorno, lei era una ragazza di appena 20 anni e la sua vita era a quel punto destinata a cambiare per sempre. Lei è Marina Gamberini ed era impiegata nella tavola calda del piazzale Ovest.
Un’occupazione come tante, per una ragazza che all’epoca era da poco entrata nel mondo del lavoro e che certo non si aspettava che dei terroristi potessero rendersi responsabili, in un Paese occidentale, di un massacro di quelle proporzioni. Quello che è accaduto il 2 agosto del 1980 a Bologna non ha praticamente paragoni e solo l’11 settembre 2001 si registrarono più vittime in un attentato terroristico.
La foto di Marina Gamberini a Bologna il 2 agosto 1980: un simbolo di quella Strage
La foto di Marina Gamberini, con il suo volto sfigurato dalla sofferenza, ha catturato l’orrore e la disperazione di un momento che ha segnato non solo la sua vita, ma quella dell’intero Paese: di quella foto ha raccontato Carlo Lucarelli in uno speciale dedicato alla Strage di Bologna. Nel corso degli anni, Marina Gamberini ha partecipato attivamente ai processi legati alla strage.
Ha vissuto il dolore delle tante dichiarazioni che hanno tentato di riscrivere la verità dei fatti: non ha mai sopportato, ad esempio, la difesa avvenuta da più parti di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, condannati per l’attentato in via definitiva ormai molti anni fa. Per lei, è quantomeno assurdo provare a riscrivere quella storia e cercare di assolvere chi venne ritenuto responsabile.
In ogni occasione pubblica, Marina Gamberini, che fa parte dell’associazione familiari delle vittime del 2 agosto 1980, esprime la sua indignazione verso chi cerca di ribaltare le verità processuali, ricordando quanto le sia costato partecipare a tutti i processi. L’immagine di Marina Gamberini, trasportata via dalle macerie, non rappresenta solo la sofferenza di quel giorno, ma anche la lunga lotta per la verità e la giustizia.
Strage di Bologna, una verità “monca”: la ricerca della verità continua
Quella fotografia racconta il trauma fisico e psicologico che Marina Gamberini ha vissuto: le ferite del corpo e quelle dell’anima, aggravate dal senso di colpa per essere sopravvissuta mentre le sue colleghe persero la vita. Ancora oggi, la donna continua a vivere con quelle cicatrici, ma trova la forza di andare avanti grazie al sostegno del figlio e alla vicinanza della comunità di appartenenza. Ancora oggi cerca la verità.
Perché – se è vero che negli anni coloro che furono ritenuti i responsabili materiali sono stati condannati – per Marina Gamberini, per suo figlio entrato nella sua stessa associazione, e per tutti coloro che a Bologna hanno perso qualcuno o qualcosa, la verità sulla Strage del 2 agosto 1980 è quantomeno incompleta: mancano i mandanti, sostengono da sempre i familiari, accusando apparati deviati dello Stato.