La recente crisi politica e sociale che ha colpito il Libano ha portato il governo italiano a invitare i propri cittadini a lasciare il Paese: ma quanti sono gli italiani che vivono lì.
La storia dei rapporti tra Italia e Libano è davvero molto antica, se si pensa che essa risale al Medioevo, quando le Repubbliche Marinare italiane, in particolare Genova e Venezia, svilupparono una significativa presenza nel Mediterraneo orientale. In quel periodo, presero vita tante colonie commerciali, tra cui quelle genovesi di Beirut e Biblo, l’attuale Jbeil.
I mercanti italiani vi si stabilirono, fondendosi talvolta con le popolazioni locali, creando così un primo nucleo di interazione culturale tra le due regioni. Da tempo, la presenza italiana in Libano è diventata più sporadica e meno influente, fatto salvo quanto avvenuto alla fine dell’Ottocento, quando piccoli gruppi di italiani iniziarono a migrare verso il Libano, in particolare Beirut, la più europea tra le capitali mediorientali.
Gli arrivi si intensificarono tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, creando una comunità più stabile. Attualmente, la comunità italiana in Libano è abbastanza ridotta: stando ai dati dell’AIRE, a dicembre 2022, erano poco meno di 2.500 i nostri connazionali che vivevano nel Paese mediorientale. Considerando coloro che sono libanesi di seconda o terza generazione, si supera il numero di quattromila.
Questi italiani, molti dei quali appunto discendenti di famiglie miste italo-libanesi, sono spesso integrati nella società locale, con legami forti con la comunità cattolica libanese. I matrimoni misti sono comuni e le nuove generazioni tendono a parlare prevalentemente arabo e francese, mentre l’italiano è spesso conosciuto solo a livello basilare.
Si tratta, in ogni caso, di una comunità ridotta, rispetto agli italiani che ad esempio risiedono nella confinante Israele, che a fine 2022 erano quasi 20mila. Poche centinaia sono poi gli italiani residenti in Iran e in Palestina. Coloro che vivono in Libano sono prettamente di religione cattolica, anche se alcuni membri della comunità si sono convertiti all’Islam, in genere per motivi matrimoniali.
L’integrazione degli italo-libanesi è tale che essi partecipano pienamente alla vita sociale e culturale del Libano, mantenendo allo stesso tempo un legame simbolico e culturale con l’Italia. Sono nate peraltro organizzazioni come l’Associazione Nazionale Pro Italiani del Libano (ANPIL) e più recentemente quella di amicizia Italia-Libano, che favoriscono i rapporti tra i due Paesi.
Ai civili, occorre aggiungere i militari italiani di stanza in Libano, che fanno parte della missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon). La missione dell’ONU è nata nel 1978 e oggi siamo al suo quarto intervento, con circa 10mila soldati complessivamente impiegati e oltre mille di questi italiani. Vi è anche una missione bilaterale chiamata MIBIL (Missione Bilaterale Italia-Libano) a supporto delle forze armate libanesi.
Al momento, non si sa se la missione in Libano proseguirà a lungo, soprattutto dopo gli attacchi di Israele, volti a colpire soprattutto miliziani di Hezbollah, il partito guerriglia che ha anche diversi esponenti nell’Assemblea Nazionale, ma che stanno facendo un massacro tra i civili. Quel che è certo è che – vista la situazione – il ministero degli Esteri italiano ha predisposto piani di evacuazione per gli italiani residenti in Libano.
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